Imprenditore, manager e docente presso diverse università e business school italiane. Nel suo ruolo di Amministratore Delegato ha il compito di guidare un team di oltre 200 talenti con competenze che abbracciano strategia di business, creatività, tecnologia e dati. Giuseppe è anche keynote speaker, docente di Retail Marketing Innovation e co-autore con il guru internazionale Philip Kotler del testo “Retail 4.0 | 10 Regole per l’Era Digitale”, edito da Mondadori. Prima di ricoprire la sua attuale posizione, ha lavorato in AKQA con il ruolo di Executive Director Europe e guidato a livello EMEA il team di WPP dedicato al gruppo FCA. In precedenza aveva co-fondato due startup e conseguito un Dottorato di Ricerca in Economia e Marketing, compiendo gli studi tra gli Stati Uniti e l’Europa.
Come stai vivendo personalmente la situazione odierna?
Devo dire che la mia vita è cambiata principalmente solo per due elementi, il primo è la preoccupazione e il secondo è la reclusione.
Ho sempre avuto una vita abbastanza frammentata poiché sono un docente all’Università IULM, all’Università Cattolica e alcune volte insegno all’Istituto Europeo di Design (IED).
Poi c’è il lavoro in agenzia e altre attività collaterali, come il mio prossimo libro con Philip Kotler e uno con Riccardo Pozzoli, dove approfondiremo la trasformazione del luxury fashion negli ultimi anni.
Adesso anche il lusso, come tutto ciò che non è essenziale, sta vivendo una grande crisi.
Ci vorranno anni prima che si riassesti e si torni ad acquistare prodotti non primari con la stessa regolarità di prima.
Questo principalmente per una questione economia e una questione psicologica.
Per quanto riguarda l’attività lavorativa è cambiato il modo di svolgerla, avendo uno schermo del computer davanti.
Ieri, per esempio, ho fatto una sessione di laurea su teams di Microsoft, svolgo regolarmente lezioni e organizzo le riunioni con il mio team.
Viviamo in una società in cui tutto si evolve velocemente e capire come si svilupperà il business, nel lungo termine, è una soft skill fondamentale per i manager. Da cosa bisogna partire? Quali competenze dovranno avere le aziende finito questo incubo? Quali saranno i nuovi bisogni e che ruolo ricoprirà il digitale in questo nuovo mondo?
Non posso avere la sfera di cristallo ma sono un osservatore della realtà dei consumi da 15 anni e mi sono fatto delle idee di come si sono evoluti i comportamenti delle persone in questo periodo.
Credo che ci siano 6 interessanti elementi su cui riflettere perché potrebbero generare cambiamenti nella vita delle persone.
- Ritorno al commercio di prossimità: il mondo del commercio di prossimità, quindi i piccoli negozi di quartiere, sono in crisi da alcuni anni poiché il digitale e i grandi supermercati li stanno schiacciando.
Le persone raramente vanno a fare la spesa nelle piccole botteghe.
Io ritengo che, in questo periodo storico, si siano rivelati la nostra ancora di salvezza poiché sono un luogo dove ogni giorno, senza allontanarci troppo da casa, possiamo trovare stock di prodotti.
Anche il digitale te lo garantisce, ma prova a fare la spesa online adesso? La prima disponibilità è tra settimane!
Quando saremo nella nuova normalità il piccolo negozio vivrà una seconda vita grazie alle relazioni che si sono stabilite.
Si è ripristinato un bellissimo senso di comunità e di quartiere che verrà mantenuto nel tempo. - Ritorno alle origini: restando a casa si stanno ripristinando una serie di comportamenti che fanno riferimento a una vita tradizionale come, ad esempio, la passione per la cucina e il tempo trascorso in famiglia.
Nelle ultime settimane stiamo utilizzando i cosiddetti “beni di rifugio” e anche i dati lo dimostrano: la frusta e le uova hanno fatto +260% mentre la farina +185%.
Da questo si deduce che le persone stanno preparando torte, dolci o pasta fatta in casa.
Di converso cosmetici, profumi, elettronica, cinema stanno calando vertiginosamente.
Stiamo svolgendo azioni che non riguardano la mondanità e la globalizzazione a cui eravamo abituati.
Secondo me questo sentimento rimarrà in qualcuno, una voglia di riappropriarsi dei propri spazi e dei valori.
Ci dovremo aspettare dei cambiamenti, una flessione nei comportamenti che andranno a incidere nel consumo fuori casa. - Accelerazione della sostenibilità e della filiera corta: ti faccio un esempio concreto: l’avocado è un prodotto buonissimo che viene dal Sud America, ma non tutti sanno che crea dei casini dal punto di vista geopolitico (ci sono guerre che si combattano per queste piantagioni), consumo di acqua eccessivo e un forte inquinamento per il trasporto.
Secondo me è un prodotto che soffrirà quando entreremo nella nostra nuova normalità poiché la gente ha visto concretizzarsi quello che si definisce il “butterfly effect”, ossia il cosiddetto effetto farfalla.
Si dice che il battito d’ali di una farfalla in Messico può scatenare un uragano in Texas.
Questo vuol dire che tutto il mondo è connesso, non possiamo pensare che non ci siano conseguenze su fatti che avvengono lontani da noi.
Il Coronavirus è la prova tangibile.
Dopo aver toccato con mano questa dinamica tutti saremo attenti alla filiera corta.
Se a questo unisci che l’Italia si è riscoperta nazione e popolo, presteremo maggior attenzione nel sostenere la nostra economia.
Il Made in Italy, inteso come artigianato, vivrà un boom pazzesco perché noi stessi alimenteremo il consumo interno. - Maggior attenzione all’igiene: quando ci fu l’attentato alle Torri Gemelle nel 2001 si determinarono nuovi standard per quanto riguarda la sicurezza negli aeroporti.
Da allora, per esempio, non possiamo imbarcare liquidi e veniamo sottoposti a controlli più severi.
La mia ipotesi è che ci saranno degli innalzamenti nella barra dell’igiene scaturiti da questa emergenza sanitaria.
Verrà rispettata la cosiddetta “social distance”, quindi il fatto di mantenere una certa distanza, oppure i guanti nei supermercati o verranno introdotti standard igienici più elevati nei processi produttivi.
Inoltre mi aspetto che le persone diventino più sensibili riguardo questi temi e siano disposte a pagare di più per prodotti che rispettino i nuovi criteri.
Le aziende che dichiareranno di prestare maggiore attenzione all’igiene intercetteranno una domanda di consumatori sempre più elevata. - Accelerazione di tutto ciò che è cashless, contactless e no contact: i principali veicoli di germi sono i contanti e le monete perché tutti li toccano.
Negli ultimi anni il trend di pagare con dispositivi o cellulari è aumentato e mi aspetto che subirà un incremento enorme.
Ovviamente se bisognerà dare la propria carta di credito nelle mani di qualcuno il problema rimane.
Quindi ci sarà un boom di tutto quello che prevede un non contatto con altre persone.
Ad esempio potrebbero esserci camerieri che vengono al tavolo con i POS oppure un rafforzamento di casse automatiche nei supermercati… - Trasformazione digitale del nostro paese: nella mia azienda è già da tempo possibile fare fino a due giorni di smart working a settimana. Addirittura nel nuovo campus ci sono meno posti a sedere rispetto ai dipendenti perché si da per scontato che molti siano da un’altra parte a lavorare.
Questo concetto di lavoro agile non è diffuso, esistono ancora tante restrizioni, limiti tecnologici e la mania di controllo del lavoro.
Pensiamo alla Pubblica Amministrazione o alla scuola.
Se una persona con il mio background fosse stato Ministro dell’Istruzione avrebbe probabilmente proposto già da anni di sperimentare le lezioni da remoto, magari una volta a settimana, per familiarizzare con la tecnologia e con modalità di insegnamento smart. Ma ve lo immaginate? Ci sarebbero state delle rivolte incredibili!
Adesso di colpo ci siamo ritrovati tutti a casa e impareremo sicuramente da questa esperienza.
Un’altra cosa che vorrei sottolineare è che le persone stanno sperimentando il digitale, magari per la prima volta.
Mi auguro che l’alfabetizzazione digitale porterà diversi aspetti positivi in tutti i settori.
L’Italia ne ha davvero bisogno.
SCRIVICI PER MAGGIORI INFORMAZIONI